strategie allevatoriali


metodi di allevamento

1° METODO: incrocio tra cavalli omogenei (come modello, cioè appartenenti allo stesso normotipo) non imparentati, con l'impiego cioè di stalloni dello stesso normotipo e dello stesso ceppo della fattrice. Obiettivo prevalente: fissazione/consolidamento di caratteri dominanti desiderati. Data la grande eterogeneità della popolazione equina attualmente esistente in Italia dovrebbe inizialmente essere adottata la politica di indirizzare l'Allevatore ad adottare il metodo dell'incrocio tra omogenei non imparentati, e possibilmente nell'ambito dello stesso ceppo di origine, per i cavalli che conservano la propria identità genealogica. L'incrocio di soggetti eterogenei e di ceppi di origine diversi i cui risultati sono difficilmente prevedibili potrebbe essere la causa di gravi disordini nella evoluzione dell'allevamento nell'attuale situazione di carenza di informazioni su quali sono i caratteri fissati e trasmissibili di ogni linea di sangue.

2° METODO: incrocio tra cavalli omogenei non imparentati con l'impiego di stalloni miglioratori a sangue speciale dello stesso normotipo. Obiettivo prevalente: miglioramento di prestazioni atletiche, buon carattere, longevità, salute, fertilità. Partendo da esemplari con e caratteri dominanti desiderati, risultanti dalla applicazione del 1° metodo, l'incrocio con stalloni omogenei a sangue speciale non imparentati può essere finalizzato al miglioramento nell'ambito di ogni normotipo.


Landgraf I (indiscusso capostipite holsteiner) il suo imbreeding c'è in quasi tutti i nostri puledri

3° METODO: incrocio di omogenei imparentati: inbreeding 2x3, 3x3, 3x4 Obiettivo prevalente: consolidamento di caratteri dominanti su esemplari già migliorati con il sangue speciale. Dopo che nell'ambito di un dato normotipo si sia arrivati a soggetti qualitativi, nei quali i caratteri desiderati non siano recessivi, ma dominanti e quindi trasmissibili, si potrà compiere un ulteriore passo avanti nella fissazione dei caratteri trasmissibili con il metodo dell'incrocio di omogenei imparentati, cioè con l'imbreeding sempre nell'ambito del normotipo.

Cottage Son XX, l'altra metà dell'Holstein

4° METODO: incrocio di eterogenei (di normotipi diversi) non imparentati (outcrossing) tra esemplari "inbreed" prodotti in base al terzo metodo. Obiettivo prevalente: miglioramento ed ampliamento del pool genetico.Questi sono i metodi fondamentali. Altre variazioni sul tema possono essere immaginate dagli Allevatori o studiate nella letteratura tedesca del settore. Dal punto di vista della strategia allevatoriale è molto importante la sequenza in cui tali metodi vengono impiegati. Nel contesto italiano, in particolare, sembra che la sequenza potrebbe utilmente essere la seguente: La durata della prima fase sarà più o meno lunga in funzione dei risultati conseguiti. La 1a e la 2a fase potranno anche sovrapporsi nel tempo con l'impiego alternato del 1° e del 2° metodo, quando l'insufficienza presenza di sangue speciale negli esemplari considerati consigli di intervenire con stalloni a sangue speciale prima di avere conseguito appieno i risultati dell'applicazione del 1° metodo. L'applicazione in sequenza del 2°,3° e 4° metodo può essere ripetuta all'infinito.

FASI
METODO
DURATA
1 FASE
1° METODO
da 1 a 3 generazioni
2 FASE
2° METODO
da 1 a max 2 generazioni
3 FASE
3° METODO
1 generazione
4 FASE
4° METODO
da 1 a 3 generazioni
5 FASE
2° METODO
1 generazione
6 FASE
3° METODO
1 generazione
7 FASE
4° METODO
da 1 a 3 generazioni
ETC. ETC. ETC.


ragionamenti che ci aiutano anche ad allevare

Potrebbe sembrare strano che in una relazione sulle strategie di selezione per il cavallo sportivo si parli di genetica Mendeliana.
Questo perché la performance è un tratto genetico che, in quanto quantificabile, regolato dall'azione di molti geni ed influenzato dall'ambiente, rientra negli ambiti della genetica quantitativa. Ritengo però utile cominciare facendo un velocissimo accenno alla genetica mendeliana sia per richiamare alcuni concetti che sono fondamentali anche in campo quantitativo che per chiarire ulteriormente le differenze che sussistono tra queste due branche della genetica.
La genetica Mendeliana è regolarmente associata agli esperimenti di Mendel sulle piante di piselli, anche se forse è più associata al noiosissimo professore che a scuola cercava di farci provare interesse nelle piante di piselli. Lasciando quindi queste piante nell'orto ed il professore a scuola, vorrei girare la vostra attenzione invece su un esempio simile per chiarire tre concetti che ci saranno utili più avanti: il concetto di carattere dominante e recessivo, quello di omozigosi ed eterozigosi e quello direttamente connesso di fenotipo e genotipo. A puro scopo esemplificativo, assumiamo di accoppiare due cavalli, uno dal mantello liscio ed uno dal mantello arricciato. Il puledro risultante da questo accoppiamento non avrà mai un mantello che è a metà strada tra il liscio e l'arricciato. Sarà invece uno dei due mantelli dei genitori a prevalere. Andando a vedere, si può accertare che il tipo di mantello che prevale regolarmente, anche dopo una lunga serie di accoppiamenti, è quello liscio. E per questo motivo che il mantello liscio viene detto essere dominante mentre quello arricciato è detto recessivo.
Questo accadimento è dovuto al fatto che ogni cellula contiene una duplice copia di geni. Al momento del concepimento una copia è fornita dalla madre ed una dal padre. La consistenza del mantello (liscio contro arricciato) è determinata da un solo gene, anche esso presente all'interno della cellula in duplice copia. Però, per quanto entrambe le coppie contengono il gene che regola la consistenza del mantello, può capitare che una copia contenga le istruzioni per un mantello riccio mentre l'altra la contenga per un mantello arricciato. Si hanno quindi forme alternative di ciascun gene, dette forme alleliche. Quando un cavallo è portatore di un gene le cui forme alleliche sono uguali, quindi per esempio tutte e due hanno l'informazione per la produzione di un mantello liscio, il cavallo è detto essere omozigote per quel gene. Quando le forme alleliche differiscono, allora il cavallo è detto essere eterozigote.
Quindi la coppia allelica omozigote che trasmette il mantello liscio può essere denominata LL mentre quella che trasmette il mantello arricciato è definita 1 I. Risulta chiaro che l'accoppiamento (L + L) (1 + 1) sia uguale a 4 possibili risultati, che in questo caso equivalgono tutti a LI e che danno il mantello liscio. Nel momento in cui si accoppiano due soggetti le cui coppie alleliche sono entrambe eterozigote, quindi LI, si verranno ad avere tre diverse combinazioni alleliche, vale a dire LL, LI e 1 1, ma solo due tipi di mantello: liscio ed arricciatoE' proprio questa disparità che ci chiarisce la differenza tra genotipo e fenotipo: il primo si riferisce alla qualità dei due alleli presi in considerazione, indipendentemente dalla dominanza che uno ha sull'altro, mentre il secondo si riferisce invece proprio al rapporto di dominanza - recessività che esiste tra loro ed alle conseguenze che tale rapporto ha sull'aspetto del cavallo.
Come ho detto prima, l'accoppiamento tra i due cavalli presi in considerazione darà un puledro il cui fenotipo (tipo di mantello) non è mai a metà strada tra i due mantelli dei genitori. Una caratteristica della genetica Mendeliana è proprio quella di esaminare l'ereditarietà di tratti che mostrano discontinuità. Se ci pensiamo i cavalli o hanno il mantello liscio, oppure ce lo hanno arricciato. Non c'è un cavallo che ha il mantello più liscio di un altro, come non c'è un cavallo che ha un mantello meno arricciato di un altro.
C'è poi anche da notare che l'espressione fenotipica del gene che controlla il tipo di mantello è praticamente indifferente alle sollecitazioni ambientali. Un cavallo non cambia il tipo di mantello in accordo con l'ambiente in cui vive, o a certe sue caratteristiche (temperatura, umidità, fototropismi, etc.). Semmai, quella che cambia è la lunghezza del mantello. Ecco che quindi la genetica Mendeliana si occupa di tratti che sono caratterizzati da discontinuità, che non sono misurabili e quindi non quantificabili, e tratti le cui espressioni fenotipiche sono praticamente indisturbate dall'azione dell'ambiente.
La genetica quantitativa si occupa invece proprio dello studio della trasmissione di quei tratti che, più o meno, sono l'opposto di quelli studiati da Mendel. Quindi tratti controllati da molti, moltissimi geni, tratti che presentano una continuità a livello fenotipico (l'altezza al garrese, il peso corporeo) e tratti che sono influenzati dall'ambiente.
 Tenere un puledro costantemente chiuso in ambienti che non permettono alla luce del sole di entrare e, quindi, di stimolare la produzione di vitamina D, scaturisce lo stabilirsi di forme di rachitismo. Anche se i genitori di questo soggetto hanno uno scheletro perfetto. Il processo di ossificazione è quindi geneticamente controllato, ma l'espressione fenotipica di tale tratto è in funzione e ambiente in cui il soggetto considerato cresce.


La performance, e qui arriviamo al dunque, è anch'essa un tratto controllato da molti geni. Anch'essa può essere misurata ed anch'essa è soggetta alle influenze ambientali.
E controllata da molti geni, la riprova di questo è data dal fatto che, a livello di popolazione, quindi grandi numeri, non si rileva la discontinuità tipica dei tratti Mendeliani. Al contrario. Quando si misura un campione significativo e si riportano i dati su un grafico, si ottiene una distribuzione Normale (Normale in senso statistico), con più della metà del campione posizionato vicino alla media e solo una minoranza (10%) che si piazza agli estremi della curva.
Può essere misurata, in quanto la performance è un qualcosa di continuo. Pensate alla fase D di una prova di campagna in un concorso di completo. Se ci mettessimo a misurare con un cronometro il tempo che i binomi impiegano a raggiungere il traguardo, noteremmo che questo tempo, nei limiti del possibile, può essere accorciato sempre di più. Non noteremmo invece che tre quarti dei binomi fanno tutti lo stesso tempo e che il restante quarto ne fa un altro, cosa che avverrebbe se la performance fosse regolata da un gene, come il tipo di mantello di cui sopra.
In ambito cavalli, tutto sta quindi a trovare il sistema di misurazione più adatto. Questo, in termini di allevamento di cavalli per discipline olimpiche, significa prendere in considerazione i piazzamenti del soggetto durante la sua carriera sportiva, il numero di apparizioni a certi concorsi di particolare rilievo, il punteggio ricevuto su certe discipline (tipo il dressage), il montepremi totale raggiunto in carriera agonistica. Sono questi i metri che si usano, perché dire di fare selezione in base alla performance, alla morfologia ed alla salute sono obbiettivi troppo generici.
E la performance è soggetta alle influenze ambientali. Gli effetti dell'ambiente sulla performance del cavallo sono di due tipi: quelli che conosciamo, e che quindi possiamo manipolare a nostro favore, e quelli che non conosciamo.
Quelli che conosciamo includono:

·         il cavaliere che monta il soggetto
·         il tipo di percorso che il cavallo deve affrontare in concorso e lo standard del concorso stesso
·         il sesso del soggetto
·         il tipo di addestramento

Da cui il problema di trovare il sistema di misurazione più adeguato: punteggio e classifiche o somme vinte?

Quelli che non conosciamo includono:
·         - lo stato fisiologico del soggetto ad una certo concorso (se è ammalato è più probabile che non si piazzi bene)
·         - Il modo in cui è stato nutrito ed allevato dalla madre
·         - Alcune esperienze personali del soggetto particolarmente positive o deleterie.
·         La propensione del soggetto rispetto alla disciplina ed alla volontà di vincere. Un purosangue può essere il più veloce che ci sia sulla terra, ma se preferisce arrivare al traguardo dietro ad un altro cavallo, non vincerà mai una corsa in piano.

Quindi l'allevatore, nel momento in cui vuole delineare una strategia di selezione per "creare" cavalli vincenti, non solo ricorre al pedigree ma deve anche fare tutta una serie di considerazioni che hanno anche come scopo quello di ridurre al minimo l'effetto che l'ambiente ha sul fenotipo del soggetto preso in considerazione. Questo cavallo salta un metro e mezzo perché è in mano a Whitaker, perché è stato addestrato da Pessoa, perché è stato allevato in Germania o perché ha ricevuto i geni giusti dai genitori? La risposta forse è: l'insieme di tutte queste cose.
Da ricordare è questa equazione:

FENOTIPO = GENOTIPO + AMBIENTE

Il cavallo che vince è il risultato del geni che ha ricevuto e dell'ambiente in cui è stato preparato per vincere. Questo ci porta al problema di come riuscire a quantificare il passaggio effettivo, in termini di surplus genico, che i genitori possono passare rispetto ai loro coetanei. Come faccio a capire quanto è meglio prendere in considerazione stallone e fattrice A anziché B? Chi mi dice quanto l'accoppiata A passa in più rispetto a quella B? Torniamo alla distribuzione normale. Se io decido di selezionare solo i soggetti, maschi e femmine, che mi rappresentano il 5% che sta all'estremità destra della curva normale, la generazione successiva non avrà una media uguale a quella del 5% preso in considerazione. La media si troverà invece tra quella della generazione precedente e quella del 5% preso in considerazione. Più la media della F2 è vicina alla media della F 1, più il tratto preso in considerazione è influenzato dall'ambiente e più, io allevatore, devo ricorrere ad un sistema, come i famosi 100 giorni, che mi controllino gli effetti dell'ambiente. Allo stesso tempo, più la media della F2 è lontana da quella della F 1, meno il tratto preso in considerazione è in funzione dell'ambiente.
Portando quindi delle misurazioni di questo genere su un grafico, si denota con il termine S (selection differential) la differenza tra la media dei genitori selezionati e quella della popolazione da cui questi genitori vengono presi.
Al tempo stesso R (responce to selection) ci rappresenta la differenza tra la media della progenie e la media della popolazione dalla quale sono stati, appunto, selezionati i genitori.
infine viene denominato h2- (heritability) il rapporto che esiste tra R ed S,
in questo modo: h2_= R/S
h2 è misurata su una scala che va da 0 a 1 oppure da 0% a 100% e ci rappresenta la proporzione di superiorità genetica dei parenti selezionati che, in media, viene passata alla prole. Non si hanno valori negativi, perché si spera che la media della F2 vada in avanti, non indietro.

Ovviamente, la ricerca scientifica in campo equino si è preoccupata di andare a verificare a quanto h ammonta per discipline olimpiche come il dressage o il salto ostacoli. 1 valori sono di 0. 1 e 0.2 rispettivamente. Questo significa, nel caso del salto ostacoli, che il miglioramento che avviene di generazione in generazione è, in termini di geni, del 20%. Il rimanente 80% è dovuto all'ambiente e quindi, se vogliamo, anche ad un "progresso" che avviene in campo equestre. Quindi addestratori e cavalieri sempre più preparati ed una ricerca scientifica sempre più attenta.
Se poi ci si domandasse quale è il vantaggio di utilizzare sistemi di selezione che includano tests come i 100 giorni, la risposta sta nel constatare che i valori di h_ in ambito test, passano a 0.6 per il dressage ed a 0.3 per il salto ostacoli. E questo avviene perché si è in grado di controllare i fattori ambientali!
Con valori così bassi, i risultati di una determinata strategia di selezione si vedono. Ma solo dopo molte, molte generazioni. Questo perché, affidandosi unicamente alla selezione, quindi ai geni, questa può spostare la media del campione solo di un trenta per cento alla volta, nel caso del salto ostacoli.
A questo punto l'allevatore serio potrebbe dire che tutto sta quindi nel dare il proprio cavallo alle mani più esperte, per far si che l'ambiente faccia del suo meglio. Questo è un ragionamento giusto ma, da un punto di vista di popolazione, assai pericoloso, perché porta ad una drastica separazione dei soggetti della popolazione. Da una parte ci saranno i cavalli dell'allevatore che dispone dei capitali necessari e dei contatti giusti per affidare i propri cavalli alle mani più esperte sul mercato. Dall'altra ci saranno quelli che non dispongono dei capitali o dei mezzi e che quindi hanno cavalli che, da un punto di vista di geni, potrebbero anche essere interessanti, ma che sulla carta non hanno quei risultati eccezionali, generati dalle mani del Mellinger di turno. Per il sollievo di chi non dispone dei capitali, ma anche di chi ne dispone, c'è da dire che a livello statistico, sistemi come B.L.U.P. riescono ad eliminare anche queste influenze ambientali.
Quindi, l'unico sistema per accelerare il miglioramento del campione statistico, sia esso il Selle Francaises, l'Hannover ma anche il Sella Italiano, è quello di trovare una strategia che ci permetta di tenere a bada, nel limiti del possibile, i fattori ambientali. Ma questo non basta. Bisogna anche trovare il modo per tagliare gli anni che separano una generazione da un'altra.
Se ci pensiamo il generation gap, il tempo che separa due generazioni, nel caso del cavalli è piuttosto lungo. E voi allevatori non solo volete sapere se un soggetto è valido in campo gara (quindi performance testing), ma anche se lo sarà la sua progenie (quindi progeny testing). Allora, di fronte ad un soggetto di quattro anni, non abbiamo dati per valutare la sua capacità atletica o di trasmissione di geni. Tra i cinque ed i dieci anni questi dati ci sono, ma manca una progenie su cui fare una valutazione. Intorno al tredicesimo anno di vita cominciamo ad avere anche i primi dati sulla performance della progenie, da affiancare a quelli del soggetto preso in considerazione. Ma è solo dopo quindici anni che cominciamo ad avere dati concreti sia sul soggetto che sulla sua prole (Vedi Riquadro 5). Se tutto va bene.
Quindi di fronte al problema di tagliare i gap generazionali cosa si può fare? La grande domanda, da un punto di vista di genetica, è: c'è una correlazione tra la performance che caratterizza un soggetto a tre anni e quella che lo caratterizzerà a quindici? Questa è una delle due domande che anche i Neozelandesi si sono posti. E la risposta sono andati a cercarsela proprio qui in Europa. Dove hanno visto i 100 giorni Tedeschi, gli altri 100 giorni Olandesi ma anche ai sistemi di selezione degli stalloni usati in Svezia. Ed hanno notato i vantaggi, come quello di:
·         riuscire ad esaminare una ampia gamma di tratti,
·         avere una stima da un pool di giudici, anziché un giudizio arbitrario dato dal singolo,
·         un innalzamento di h e, soprattutto,
·         quello di riuscire a fare una valutazione del soggetto giovane tale da permettere di tagliare i gap generazionali.
Ma hanno anche notato gli svantaggi. Quindi:
·         - costi enormi per tenere cavalli, giudici, veterinari, cavalieri e tutto il resto per 100 giorni,
·         - un numero limitato di cavalli da sottoporre al test
·         - una selezione limitata

Hanno anche notato che il test può evidenziare le correlazioni che esistono tra passo, trotto e canter e la performance futura del soggetto in dressage ma che non c'è correlazione tra andatura e abilità quantificabile nel salto ostacoli. Ed hanno anche notato che la prova del salto in libertà, per quanto sia un buon indicatore per la performance futura in salto ostacoli, non dice niente sulle future capacità in dressage.
A questo punto, i Neozelandesi, trovandosi di fronte all'ipotesi di dover finanziare 100 giorni di test, si sono chiesti se sono proprio necessari 100 giorni. Sarebbe molto utile riuscire a fare un test più breve perché ridurrebbe i costi, permetterebbe, qualora fosse necessario, di testare un numero più grande di soggetti a parità di tempo e permetterebbe di ampliare la selezione. In termini statistici questo significa che se noi facciamo dei tests più corti e vediamo che la classifica non cambia tra il primo e l'ultimo test, non ci servono cento giorni.
Nel cercare, e trovare risposta, i Neozelandesi sono andati ad analizzare Rti, vale a dire la correlazione esistente tra un indice che si accredita ad un soggetto ed il vero valore dei suoi geni. Ed hanno fatto questo per cinque diversi tipi di tests.

Con il sistema allora attuale, venivano selezionati 43 stalloni su 240. La loro selezione era basata sui risultati in concorso ed altre considerazioni. Questo comunque rimaneva un sistema non pianificato che aveva un alto generation gap, 16.9 si riferisce all'età dello stallone quando il primo suo successore nasce.

Tale sistema può essere enormemente migliorato utilizzando i risultati di un concorso nazionale (National Horse Competition). Questo permetterebbe una valutazione più accurata del merito genetico dei soggetti presi in considerazione. Facendo così, però aumenteremmo i gap generazionali, e si riducono ulteriormente il numero di stalloni selezionati.

Concorso Giovani Cavalli Young Horse Competition). Questa è una idea francese dove si fanno dei concorsi con dei soggetti molto giovani per poi valutarli all'età di tre - quattro anni. Facendo così si tagliano i gap generazionali, si riesce a fare una forte selezione e si accelera la rata di guadagno genetico.
Test di un giorno (One Day Quality Riding Test). Giovani cavalli vengono valutati, nell'arco di una giornata, da un pool di giudici. Con l'aumentare del numero di giudici, si ha una valutazione più accurata del valore del soggetto, valutazione che poi si correla anche in termini di geni. 1 gap generazionali vanno giù, l'intensità di selezione è a posto e la rata di guadagno progredisce. A tal punto che in dieci anni si avanza di un quarto, in termini di deviazione standard.
In fine, il classico Performance Test, presentato però in una versione di due settimane (2 week Central Performance Test), una di tre ed una da cento giorni. Le prime due sono da ritenersi due e tre Tests da una settimana rispettivamente. Qui rti è migliorato parecchio. Il gap generazionale va un po' su rispetto al One Day, pur restando comunque molto basso. Mentre i primi due tests danno gli stessi risultati, i 100 giorni sono più accurati, per quanto il numero di soggetti scende. Questo è solo un problema di logistica: non è facile trovare un posto che possa accogliere un grande numero di cavalli per un periodo di tre mesi e più.
Tra tutti i sistemi il Central Performance Testing, di una durata che può variare tra i 14 ed i 100 giorni, ed il One Day Riding Quality Test sono quindi risultati essere i migliori. L’ultimo dei due ha poi la bellezza di offrire costi ridotti a parità di accuratezza, intervallo generazionale e h-.
Quindi i Neozelandesi sono riusciti a trovare un sistema per velocizzare lo spostamento della media della popolazione costituita dai loro cavalli. Questo potrebbe far pensare che anche da noi si potrebbe fare lo stesso, semplicemente applicando uno dei due tests. Certamente si può fare. A patto che le condizioni siano le stesse.
In Italia c’è lo stesso appoggio monetario e politico che gli allevatori Neozelandesi hanno alle spalle? Ci sono gli stessi addestratori, cavalieri ed équipe tecnica che loro hanno dietro? Abbiamo le stesse risorse? lo questo ancora non lo so. Quindi giro queste domande a voi, chiedendovi di tenere a mente che prima di vedere risultati consistenti a livello di soggetti Italiani, devono passare tutti gli anni necessari per far si che si sia in grado di ricreare le condizioni che ora sono realtà in Nuova Zelanda ed in alcuni paesi Europei. Con i costi che seguono il primo Performance Test Italiano da ragione di pensare che forse in Italia le risorse ci sono.
Ma resta pur sempre un'altra considerazione da fare. Il 1999 in Italia, in termini di Performance Test, è l'anno Zero. Che anno è il 1999, in termini di Performance Test, in paesi come la Germania, la Francia, il Belgio, l'Olanda, la Svezia e la Nuova Zelanda? E’ per questo che in Inghilterra non si fanno i 100 giorni ma si compra direttamente all'estero, a meno che non si tratti di P.S.I.


tratto da S. Longari "La genetica e l'allevatore"